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Serina
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Serina

Municipio: Tel. 0345.56484 – Viale Papa Giovanni XXIII, 1, 24017 Serina BG

Le prime notizie storiche riguardanti Serina vengono individuate soltanto dopo l’anno mille. Dipendenza del regime feudale e dal potere vescovile. Prevalente influenza – all’epoca della instaurazione delle Signorie – dei Guelfi Torriani, signori di Milano, ad incominciare dal 1265. Dal 1428 dominazione dei Veneziani: Serina capoluogo della Valle Brembana superiore fino al 1797 (sede di un Vicario o rappresentante della Repubblica Veneta). L’origine del nome Serina: pare che tale toponimo si colleghi a quello del fiume Serio. Sono molteplici le testimonianze architettoniche, urbanistiche e culturali della sua riconosciuta funzione amministrativa. 

L’economia agricola e commerciale di Serina era sorretta anche dai profitti della lavorazione della lana e della fabbricazione artigianale dei chiodi prodotti col ferro estratto dalle vicine miniere. La comunità si arricchì così di opere pregevoli, grazie alla disponibilità di capitali e grazie soprattutto all’apporto di artisti originari, quali appunto Palma il Vecchio e Palma il Giovane. L’intraprendenza della popolazione, che già nel ‘200 provvide a riscattarsi dal regime feudale e più tardi invase di idee e creatività  la stessa Venezia, oggi si applica con successo anche la recettività turistica.

Chiesa di San Rocco (in Contrada “Bosco”, sorta nel secolo XV°):
Questa chiesetta, a pianta rettangolare con abside quadrata ha subito rifacimenti nel corso dei secoli. Oltre all’altar maggiore, ha due piccoli altari laterali disposti come l’altar maggiore cioè rivolti verso sera, sormontati da due baldacchini retti dal muro e da snelle colonne in pietra. Il portale d’ingresso della Chiesa, in pietra locale, è a sesto acuto, l’interno invece risulta diviso in due campate con pilastri porgenti, sormontati da un arco a sesto acuto su cui appoggiano le travi del tetto con l’armatura in vista. All’esterno, sul lato di mezzogiorno, esiste un portichetto in corrispondenza alla porta laterale; archetti in muratura intonacata reggono il tetto di copertura. Dipinti: all’altar maggiore splendida tela di Palma il Giovane (1544-1628) “San Francesco San Rocco e San Sebastiano, in alto la Madonna in Gloria”. E’ opera giovanile con evidenti richiami tizianeschi, (Palma il Giovane fu discepolo di Tiziano). Questa tela fu restaurata nel 1938 da A. Cividini. Nel presbiterio, sopra la porta che immette nel campanile, pende la tavola “Cristo sul sepolcro” fu restaurata a cura dell’Amministrazione Provinciale, da Alessandro Allegretti dello studio di Mauro Pelliccioli nel 1959. L’altare, a sinistra di chi entra, in marmo intarsiato di pregevole fattura, racchiude un affresco rappresentante la Madonna del Monte Carmelo, immagine dolcissima, ripetuta anche sul pilastro che si trova davanti all’altare. L’altro altare è in legno ed ha una piccola pala coi Santi Gottardo, San Giacomo maggiore e Sant’Alberto Carmelita. E’ una tela discreta di ignoto autore.

Il monastero della S.S. Trinità (1643-1675):
Ampia e bella costruzione del settecento di cui un benefattore Serinese, Giov. Pietro Tiraboschi Bombello, volle dotare Serina e destinarla alle monache Domenicane di clausura. All’interno ci sono due bei chiostri con portici. La chiesa, dedicata alla S.S. Trinità come il Monastero, è a croce latina; la navata, fino al transetto, è’ bassa perchè nella parte superiore è stato ricavato un coro, ad un altro coro si eccede da due porte ai lati dell’altare maggiore. Dagli ampi finestroni sotto la cupola sono illuminati l’Altar maggiore e due cappelle laterali, una dedicata alla Madonna del Rosario, l’altra a San Carlo Borromeo, patrono della Contrada Maurizio dove sorge il Monastero. La chiesa è ornata di stucchi eseguiti in tempi diversi; quelli che coprono i sottarchi, rappresentano i fiori più umili dei prati: le margherite; in esse l’artista volle forse simboleggiare le umili fanciulle di Serina e della Valle per le quali il generoso benefattore costruì il Monastero ed affermare che dalle preghiere e dai sacrifici delle Vergini consacrate a Dio è sostenuta la Chiesa. Dipinti: All’altar maggiore: “La S.S. Trinità” tela di Palma il Giovane (1544-1628). L’Eterno Padre, in alto, maestoso e severo, presenta, confitto sulla Croce il Cristo  sulla cui testa si libra la Colomba luminosa, simbolo dello Spirito Santo. Il centro del quadro è occupato dal Cristo, figura tragica le cui forme risaltano ancor più sul fondo tenebroso, rotto da due testine di angeli che baciano i piedi di Gesù ed altri due angeli, ai lati del Crocefisso, uno che si copre il volto inorridito e l’altro che alza gli occhi lacrimosi al volto di Gesù. All’altare della Madonna del Rosario: “Madonna col Bambino, S. Domenico e Santa Teresa; L’eterno Padre e angeli musicanti, tela di Carlo Ceresa ? (1609-1679). All’altare di S. Carlo: “San Carlo Borromeo, San Francesco, La madonna ed altri Santi” di Giovanni Carrobio di Nembro (1691-1752).

Chiesa Parrocchiale (Ricostruita in stile barocco sulla Chiesa preesistente):
Al rifacimento della Chiesa Parrocchiale si lavorò dai primi decenni del 1700 al 1793, anno in cui fu costruito l’organo, le cantorie ed il pulpito. Ci furono numerose interruzioni per divergenze tra i fabbricieri ma soprattutto per mancanza di mezzi. Si costruì dapprima la seconda sagrestia ed il coro, finiti nel 1737, come risulta da due deliberazioni dell’Amministrazione Comunale in data 19 marzo e 25 aprile di quello anno, tra queste due date venne stipulato il contratto col Caniana per la costruzione degli stalli del coro. Dopo alterne vicende finalmente nel 1746, avendo ricevuto un vistoso lascito di 4.000 scudi oltre alla somma già raccolta, si da inizio ai lavori per l’esecuzione del progetto dell’architetto G. Battista Caniana, che nel 1747 consegna al Prevosto i progetti. L’esecuzione dell’opera viene affidata al capomastro Alessandro Piazzalunga. La facciata della Chiesa non ha corrispondenza con la struttura interna dell’edificio ma sta a sé come cosa puramente decorativa. Essa è divisa in due zone, la più bassa termina con il cornicione che gira sui fianchi, quella alta è più ristretta, termina a frontone, raccordata a quella bassa con lesene e due grandi volute; nel centro della più piccola si apre un ampio finestrone. Davanti alla porta c’è un protiro snello ed elegante, resto dell’antica Chiesa. All’interno la pianta della Chiesa è costruita da una sola navata centrale fiancheggiata d Cappelle (tre per lato) con eleganti lesene sormontate da capitelli corinzi sopra corre il cornicione aggraziato e leggero che cinge la Chiesa e la trabeazione che da’ slancio e leggerezza agli archi rialzati che sorreggono la volta. Effetti prospettici, giochi di luci e di ombre, il Caniana ottiene con le loggette che danno spazio e movimento alla Chiesa. Nel mezzo sta la cupola ellissoidale, bella e slanciata; essa accentra tutte le parti dell’edificio e da a tutte ragione ed armonia. Gli splendidi affreschi: i quattro Evangelisti nei pennacchi ed in corrispondenza, sopra l’anello. le virtù che occupano gli spazi tra le finestre servono a dare slancio alla cupola nel cielo della quale risplende la gloria di Maria. Le opere di muratura della seconda sagrestia e del coro furono finite verso il 1719 e subito collocata al centro del coro la Pala dell’Annunciazione, di autore ignoto, molto probabilmente dipinta tra la fine del settecento e i primi dell’ottocento. Gli affreschi e gli stucchi vennero eseguiti molto più tardi, nel 1750; i primi sono opera di Gian Battista Rodriguez mentre gli stucchi sono di Eugenio Camuzio, i nostri antenati sono stati molto precisi ad annotare i pagamenti fatti al pittore (£ 165 per l’affresco sopra la porta della Chiesa, £ 261 per i quattro del coro e del presbiterio, £ 577 per gli affreschi dei pennacchi, dei medaglioni e del tondo centrale della cupola). Nella Chiesa gli affreschi sono così distribuiti: in fondo alla Chiesa, sopra la porta, la Fuga in Egitto; nel coro, l’adorazione dei Pastori e l’adorazione dei Magi, ai due lati della Pala dell’Annunciazione, ; sul presbiterio l’Educazione di Maria e la presentazione di Gesù al Tempio. Gli altari sono sette, l’altar maggiore e sei altari laterali. All’ingresso della Chiesa, a destra di chi entra, abbiamo l’altare di S. Orsola sul quale si trova la splendida tela del martirio di S. Orsola e delle Compagne; opera di ignoto autore datato 1477. Di fronte sta l’altare della Santa Croce; tela è del pittore bresciano Francesco Paglia. Rappresenta la Santa Croce adorata da Angeli, splendide sono le decorazioni delle sue cappelle. I due altari dell’Immacolata Concezione e della Madonna del Rosario, al centro della Chiesa, furono costruiti tra il 1761 ed il 1763. A questi altari attesero alcuni tra i migliori artisti che lavorarono in quel tempo nella Bergamasca, basti citare Muzio Camuzio di Lugano. Le tele ovali raffiguranti i misteri del Rosario chiuse in eleganti cornici e disposte sui fianchi della cappella sono di Francesco Cappella. La tela centrale, rappresentante l’Immacolata e S. Felice Martire, è attribuita a Pietro Gualdo detto Oldrini. Ai due lati dell’altare erano, prima del restauro della Chiesa, due statue di Donato Andrea Fantoni raffiguranti la Purità e l’Umiltà. Gli ultimi due altari , quello del Redentore risorto e quello detto dei morti che gli sta di fronte, sono molto più antichi. Nel rifacimento della Chiesa, l’altare del Redentore, in legno, con statue, è stato costruito dai Caniana di Alzano, la pala del Redentore, che faceva parte di un polittico di Palma il Vecchio, è stata smembrata dal suo polittico, chiusa in una cornice barocca e posta sull’altare. Più rispettato è stato l’altare di S. Nicola che gli sta di fronte a che da allora è  diventato l’altare dei Morti. Sono state collocate sulla cimasa dell’altare due belle statue: del Tempo e dell’Eternità e più in alto un Angelo che suona la tromba, scolpite da Donato Andrea Fantoni. La tela di Palma il Giovane (1544-1628) rappresentante la Madonna in alto ed in basso San Paolo e San Nicola da Tolentino sta al centro dell’altare. Chi ama l’arte non può uscire dalla Chiesa prima d’aver visitato la sagrestia che si trova dietro l’apside. Qui troverà una piccola ed interessante pinacoteca.

Porticato di S. Bernardino da Siena (Oratorio dei Disciplini):
Chi guarda dal sagrato il porticato di S. Bernardino avverte subito che gli archi non sono tutti uguali; il primo e i due ultimi sono più grandi del secondo e del terzo, i quali corrispondono alla parte più antica del fabbricato. Era questa la Chiesa più antica di Serina, dedicata all’Annunciazione di Maria. A questo Oratorio di S. Bernardino vennero aggiunte in tempi diversi due porzioni di fabbricato: sul lato verso occidente le stanze per il cappellano della misericordia,  ed a mattino la casa del Parroco verso il 1558, i due fabbricati si estesero poi sopra la primitiva Chiesa che si ridusse ad un semplice Oratorio, detto poi di S. Bernardino. Sotto il portico, nella parete esterna dell’Oratorio, sono visibili degli affreschi di due epoche diverse: una “Pietà” che ora si trova nella sala Consigliare del Comune; un’Annunciazione, S. Alessandro e S. Bernardino. Questi affreschi risalgono alla fine del ‘500 e comunque certamente dopo il 1450 anno in cui avvenne la canonizzazione di S. Bernardino da Siena.

Casa Quattrocentesca (in contrada “Mezzacà”, ora via Cardinal Cavagnis al civico n° 11):
Questa casa è stata in parte modificata nei secoli successivi come si può vedere sul lato verso la via Cavagnis dove sono state chiuse le grandi arcate del portico sul piano strada, mentre ai piani superiori sono state conservate le finestre; con contorno in pietra, piccole, alcune, con architrave ed altre ad arco con inferrate esterne. Nella stessa via adiacente alla strada pedonale che porta al Corone, c’è una fontana veneta del 1645.

Antica Sede del Vicariato Veneto:
La sede del Vicariato Veneto corrispondeva a tutto il caseggiato compreso tra Piazza Mons. Flaminio Belotti e via Castello, ora diviso in diverse proprietà prospicenti su via V. Emanuele II°. La sede del Vicariato comprendeva, oltre agli uffici, l’abitazione del Vicario con la sua famiglia e le famiglie dei funzionari che lo seguivano, Cancelliere, notai, servitori, banditore, ecc. Come si è potuto osservare durante alcune sistemazioni interne, a piano terreno della porzione di fabbricato c’era una vasta sala per le udienze e nella parte alta della parete erano dipinti gli stemmi e i nomi dei diversi Vicari che si sono succeduti. Sulla casa al civico n° 22 è dipinto in alto il Leone di S. Marco e sotto lo stemma della Val Brembana Superiore di cui Serina era capoluogo. Lo stemma in pietra sopra la porta della casa al civico n° 20 è quello di un Vicario. La fontana di fronte è del 1581; ha lesene decorate da cartelle a stemma racchiudenti un ramo d’olivo col motto “sognum pacis” e reggenti un’architrave terminale sulla quale è scolpito il nome del Vicario del tempo, al centro sta una testa di leone che getta l’acqua circondata da rosoni.

Chiesa di S. Margherita (in contrada Castello):
E’ la più antica Chiesa di Serina. La sua fondazione risale al 1335 compiuta da Zambon Carrara, che costruì la Chiesa e fondò la Capellania. L’attuale chiesa, di stile barocco, è un rifacimento dell’antica compiuto nel 1740. La Chiesa è a croce latina; i due altari laterali vennero tolti al tempo della visita di S. Carlo Borromeo nel 1575, solo nei primi anni di questo secolo, quando venne acquistata la statua della Madonna in Val Gardena, fu ricostruito l’altare a sinistra entrando, con la nicchia per collocarvi la statua della Madonna. Degli antichi affreschi che ornavano un tempo l’altare maggiore è rimasto soltanto l’immagine di Maria. Le due statue poste sulla facciata della chiesa rappresentano Santa Margherita e Sant’Agata.

Chiesa di S. Antonio (in contrada Carrera, fondata nel 1403):
Veramente la Chiesa è dedicata a S. Antonio di Padova e a S. Tommaso d’Aquino poiché i fratelli Alberto e Gherardo si impegnarono a costruire la chiesa entro tre anni. Detti fratelli Alberto e Gherardo Carrara Accorsini erano persone colte, appartenevano alla famiglia del beato Gherardo Carrara professore di teologia alla Sorbona di Parigi poi Vescovo di Savona dal 1332 al 1356, morto a Bergamo ed ivi sepolto in Sant’Agostino dove i Carrara Accorsini avevano il sepolcro di famiglia. Questa chiesina a pianta rettangolare con abside quadrata. L’altar maggiore è di legno, su di esso si trova un ancora pure in legno, che racchiude al centro una tela raffigurante la Madonna con il Bambino, Sant’Antonio di Padova, Sant’Antonio Abate e San Tommaso d’Aquino. Questa tela è copia dell’originale del Palma ? Fatta dall’Orelli; l’originale, purtroppo, è stato venduto. Ai lati del dipinto due statue di legno di Santi Anacoreti. Il paliotto dell’altare riproduce ancora la Madonna, Sant’Antonio Abate, Sant’Antonio di Padova e San Tommaso d’Aquino; anche il paliotto è forse dell’Orelli. Sulle pareti della Chiesa poi ci sono quattro bei quadri del settecento di unica mano, l’autore è ignoto. Essi rappresentano donne dell’antico Testamento: il primo quadro, a destra di chi entra, raffigura Dalila, Gioele che pianta un chiodo nella testa di Assuero e più vicino all’altare Agar che va nel deserto assistita da un angelo.